Compravendite o ripescaggi: quale futuro per la C femminile?

987
Compravendite o ripescaggi: quale futuro per la C femminile?

Compravendite o ripescaggi: quale futuro per la C femminile? Una indizione a sedici squadre che sembra essere non più consona ai tempi

   

Il 6 luglio si terrà l’annuale riunione delle società umbre di pallavolo per approvare l’indizione dei campionati della stagione 2018-2019. Una riunione che servirà a capire lo stato della pallavolo in Umbria. Se nel settore maschile da almeno quattro stagioni c’è una oggettiva difficoltà nell’organizzazione dei campionati, anche il settore femminile sembra essere entrato in una fase di recessione. Se numeri e qualità vanno, di solito, di pari passo, ultimamente entrambi stanno venendo meno.

La cartina tornasole sarà l’indizione del campionato regionale di serie C femminile. L’indizione a sedici squadre non sta trovando riscontro nei numeri, già nella stagione appena terminata erano quattordici le squadre iscritte. Se si tiene conto che non c’è stata alcuna retrocessione di squadre umbre dalla serie B2 e le voci insistenti di mercato raccontano di una non iscrizione al campionato della storica società della Libertas Perugia, sono ben quattro i posti vacanti.

A fronte di questa situazione è presumibile che il Comitato Organizzatore provvederà ai ripescaggi per completare l’organico, rendendo quasi inutile la commercializzazione dei diritti. In tal caso ci sarà una ripercussione a catena su tutti i campionati inferiori. Trovare le cause non è semplice, perché, a nostro avviso, è un sistema di concause con responsabilità diffuse.

I costi.

Al netto dei costi federali, fermi da diverse stagioni, sono cresciute nel tempo le spese di infrastruttura. L’aumento del costo medio orario di una palestra c’è stato, è innegabile. Sia perché sono aumentati i costi di luce, acqua e gas, sia perché il sistema umbro di convenzioni su base pluriennale tra Enti Locali e le associazioni sportive sta mostrando l’usura del tempo. Le palestre, inoltre, hanno bisogno di adeguamenti per essere considerate a norma e quindi omologabili per l’uso sportivo. Poi si sono aggiunte le nuove normative ed i decreti legge, concettualmente corretti che, però, hanno scaricato i costi sull’associazionismo. Ad esempio l’obbligatorietà del defibrillatore: acquisto, manutenzione annuale, certificazione biennale degli addetti al suo uso sono diventate spese periodiche da inserire nel già magro bilancio delle società sportive.

Le famiglie.

Si, c’è una tendenza delle famiglie a non ritenere più utile far fare sport ai propri figli. Chi, per conto delle società di pallavolo, lavora nelle classi delle scuole elementari si rende subito conto di una gran massa di bambini/e che non fanno sport. Incide la crisi economica degli ultimi anni, ma incide anche un “modus vivendi” in cui la spesa per lo sport non è considerata una esigenza reale. Una spesa che lo Stato supporta in minima parte, consentendo alle famiglie la detrazione del 19% su un massimale di € 210 all’anno, poca cosa. I “progetti scuola”, che un po’ tutte le Federazioni Sportive lanciano affidandosi a campioni del passato, diventano con l’essere un palliativo per quella “pigrizia” atavica che il nostro paese si porta dietro da secoli.

Il progetto tecnico.

In queste ultime stagioni l’Umbria sembrava aver puntato molto sui campionati nazionali, ma per la prossima stagione ben tre sono le società che hanno rinunciato (Terni, San Mariano, Ponte Valleceppi). Se nella geopolitica l’Umbria perde peso, potrebbe esserci un contraccolpo positivo se le società, tutte, tornassero ad investire nel settore giovanile. E’ mancato nel tempo il ricambio generazionale, c’è stata difficoltà a trovare quelle nuove leve che avrebbero dovuto sostituire chi nel frattempo aveva deciso di appendere le scarpette al chiodo. Ma non solo tra gli atleti, le stesse strutture dirigenziali hanno finito, in qualche caso, con l’essere autoreferenziali. E’ mancato il ricambio in tutti i ruoli.

I problemi sul tappeto sono diversi, risolverli non è facile e limitarsi al solo volontariato, tipico dell’associazionismo, non è più sufficiente. Servono idee e progetti in un territorio dove ogni tesserato di meno è un duro colpo.

Angelo Pagano